Nanoparticelle al CBD per il trattamento delle malattie del sistema nervoso centrale

Il crescente interesse verso l’uso terapeutico del cannabidiolo (CBD) ha portato, nei ultimi anni,  a un numero crescente di sperimentazioni cliniche. Una delle possibili applicazioni del CBD riguarda il trattamento dei disturbi del sistema nervoso centrale (SNC), che rappresenta un bersaglio terapeutico chiave per i cannabinoidi. Tuttavia, il sistema nervoso centrale è un’entità molto complessa e il trattamento dei disturbi neurodegenerativi pone la scienza di fronte a sfide significative, come l’attraversamento della barriera emato-encefalica.

 

Per questo, recentemente, è emersa la possibilità di utilizzare le nanotecnologie per migliorare il trasporto del CBD verso il sistema nervoso centrale e trattare così in modo più efficace le patologie neurologiche.

 

 

Cos’è la barriera ematoencefalica?

 

La barriera emato-encefalica ​​è una vera e propria membrana che protegge il sistema nervoso centrale, limitando l’ingresso di tossine, organismi patogeni e cellule del sangue nel cervello. Ovviamente, questa barriera rende difficile anche il passaggio dei farmaci e questo causa, a volte, una minore efficacia del farmaco stesso. Per questo, negli ultimi dieci anni, sono state studiate molteplici strategie per migliorare la somministrazione di farmaci oltre la barriera emato-encefalica.

 

 

Le nanoparticelle, una possibile soluzione per il trasporto del CBD

 

Le malattie del sistema nervoso centrale rappresentano un gruppo specifico di patologie in cui è necessario risolvere il problema di una consegna efficace dei farmaci attraverso la barriera emato-encefalica. Sembrano venirci in aiuto gli studi sulla nanomedicina: infatti, l’uso di cosiddetti nanocarrier, ovvero di nanoparticelle in grado di trasportare molecole terapeutiche, può essere considerata una promettente alternativa per migliorare il passaggio del CBD attraverso la barriera emato-encefalica.

 

Alcune nanoformulazioni per il trasporto del CBD nel sistema nervoso centrale sono già state messe a punto. Ad esempio, un tipo di nanoconiugato studiato per il trasporto del CBD sono le nanoparticelle lipidiche, poiché i cannabonoidi sono sostanze che hanno una alta affinità per i lipidi, cui si legano facilmente.

Il vantaggio dell’uso delle nanotecnologie è la capacità di fornire concentrazioni più elevate di CBD nell’area interessata e ridurne invece l’accumulo nelle aree periferiche, dove non è necessario che svolga la sua azione.

 

Nel campo delle malattie neurodegenerative, come la demenza, il trasporto del CBD attraverso questi nanosistemi può essere di grande importanza, in quanto il suo utilizzo può non solo ridurre i sintomi, ma anche rallentare la progressione della malattia.

In diversi studi, i nanoconiugati di cannabinoidi hanno dimostrato una maggiore biodisponibilità (cioè una maggiore frazione di farmaco somministrato che raggiunge l’organo di interesse) e una migliore efficacia, con risultati promettenti per le applicazioni biomediche.

 

 

Cosa aspettarci in futuro

 

La consegna precisa delle nanoformulazioni in siti patologici all’interno del cervello rimane una sfida per il trattamento di molte malattie che interessano il sistema nervoso centrale. In futuro, saranno disponibili i risultati di molti studi clinici che stanno valutando la sicurezza e l’efficacia di questo tipo di trattamenti. Sarà, infatti, importante comprendere al meglio la distribuzione delle nanoparticelle coniugate con i cannabinoidi nell’organismo e nel cervello, per capire quale sia il livello di precisione di questo tipo di trattamenti. Infatti, alcuni studiosi sottolineano quanto sia importante che questi nanoconiugati non esercitino effetti tossici sul cervello o altri organi.

 

 

 

 

Fonti

  1. Kolesarova M, Simko P, Urbanska N, Kiskova T. Exploring the Potential of Cannabinoid Nanodelivery Systems for CNS Disorders. Pharmaceutics. 2023 Jan 6;15(1):204.

 

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